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atto secondo | 167 |
la destra stringerei; leggi alla terra
darei dal Campidoglio; ancor vantarmi
innocente potrei. Per tua cagione
son rea, perdo l’impero,
non spero piú conforto;
e Tito, ah, scellerato! e Tito è morto.
Come potesti, oh Dio!
perfido traditor!...
Ah, che la rea son io!
Sento gelarmi il cor,
mancar mi sento
Pria di tradir la fé,
perché, crudel! perché...
Ah! che del fallo mio
tardi mi pento. (parte)
SCENA VII
Sesto e poi Annio.
piú che temer. Della miseria umana
questo è l’ultimo segno. Ho giá perduto
quanto perder potevo. Ho giá tradito
l’amicizia, l’amor, Vitellia e Tito.
Uccidetemi almeno,
smanie che m’agitate,
furie che lacerate
questo perfido cor. Se lente siete
a compir la vendetta,
io stesso, io la farò. (in atto di snudar la spada)
Annio. Sesto, t’affretta!
Tito brama...
Sesto. Lo so, brama il mio sangue:
tutto si verserá. (in atto di snudar la spada)