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312 | xv - ciro riconosciuto |
può simular l’indegno!)
Mitridate. Un tal pensiero
tanto oltraggio mi fa...
Mandane. Perdona: è vero.
Il desio d’esser grata
mi trasportò. Dovea pensar che il solo
premio dell’alme grandi
son l’opre lor. Chi giunse,
e tu ben vi giungesti, al grado estremo
d’un’eroica virtú, tutto ritrova,
tutto dentro di sé: pieno si sente
d’un sincero piacer, d’una sicura
tranquillitá, che rappresenta in parte
lo stato degli dèi. Di’, tu lo provi,
non è cosí?
Mitridate. Sí; né, di questa invece,
torrei di mille imperi...
Mandane. Anima vile!
traditor! scellerato!
Mitridate. Io! principessa,
io!
Mandane. Sí. Credevi, o stolto,
le tue frodi occultar? Speravi, iniquo,
che invece del mio figlio il tuo dovessi
stringermi al sen? No, perfido! io non sono
tanto in odio agli dèi. Ciro ho perduto;
ma so perché; so chi l’uccise, e voglio
e posso vendicarmi.
Mitridate. In quale inganno,
in qual misero error...
Mandane. Taci: m’ascolta,
e comincia a tremar. Sappi che in questo
momento, in cui ti parlo,
sta spirando il tuo figlio.
Mitridate. Ah! come?