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32 xi - olimpiade


Ma che! l’etá canuta

non ha le sue tempeste? Ah! che purtroppo
ha le sue proprie, e dal timor dell’altre
sciolta non è. Son le follie diverse,
ma folle è ognuno; e a suo piacer ne aggira
l’odio o l’amor, la cupidigia o l’ira.
          Siam navi all’onde algenti
     lasciate in abbandono:
     impetuosi venti
     i nostri affetti sono:
     ogni diletto è scoglio:
     tutta la vita è mar.
          Ben, qual nocchiero, in noi
     veglia ragion; ma poi
     pur dall’ondoso orgoglio
     si lascia trasportar. (parte)

SCENA VI

Clistene, preceduto da Licida, Alcandro,
Megacle coronato d’ulivo, coro d’atleti, guardie e popolo.

Tutto il coro.   Del forte Licida

     nome maggiore
     d’Alfeo sul margine
     mai non sonò.
Parte del coro.   Sudor piú nobile
     del suo sudore
     l’arena olimpica
     mai non bagnò.
Altra parte.   L’arti ha di Pallade,
     l’ali ha d’Amore:
     d’Apollo e d’Ercole
     l’ardir mostrò.