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54 xi - olimpiade


fremono i sacerdoti. Un sangue chiede

l’offesa maestá. De’ sagrifizi,
che una colpa interrompe, è il delinquente
vittima necessaria. Ha giá deciso
il pubblico consenso. Egli svenato
fia su l’ara di Giove. Esser vi deve
l’offeso re presente, e al sacerdote
porgere il sacro acciaro.
Argene.   E non potrebbe
rivocarsi il decreto?
Aminta.   E come? Il reo
giá in bianche spoglie è avvolto; il crin di fiori
io coronar gli vidi; e ’l vidi, oh Dio!
incamminarsi al tempio. Ah! fors’è giunto:
ah! forse adesso, Argene,
la bipenne fatal gli apre le vene.
Argene. Ah, no, povero prence! (piange)
Aminta. Che giova il pianto?
Argene.   Ed Aristea non giunse?
Aminta. Giunse, ma nulla ottenne. Il re non vuole
o non può compiacerla.
Argene. E Megacle?
Aminta.   Il meschino
ne’ custodi s’avvenne,
che ne andavano in traccia. Or l’ascoltai
chieder fra le catene
di morir per l’amico; e, se non fosse
ancor ei delinquente,
ottenuto l’avria. Ma un reo per l’altro
morir non può.
Argene.   L’ha procurato almeno.
Oh forte! oh generoso! Ed io l’ascolto
senza arrossir? Dunque ha piú saldi nodi
l’amistá che l’amore? Ah, quali io sento
d’un’emula virtú stimoli al fianco!
Sí! rendiamoci illustri. Infin che dura,