Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
atto primo | 129 |
che appunto in questo stato
mi vegga, si confonda;
che in pubblico m’ascolti e mi risponda.
Licinio. Ei vien.
Attilia. Parti.
Licinio. Ah! né pure
d’uno sguardo mi degni.
Attilia. In quest’istante
io son figlia, o Licinio, e non amante.
Licinio. Tu sei figlia, e lodo anch’io
il pensier del genitore;
ma ricordati, ben mio,
qualche volta ancor di me.
Non offendi, o mia speranza,
la virtú del tuo bel core,
rammentando la costanza
di chi vive sol per te. (parte)
SCENA II
Attilia, Manlio dalla scala, littori e popolo.
t’arresta, e m’odi.
Manlio. E questo loco, Attilia,
parti degno di te?
Attilia. Non fu sin tanto
che un padre invitto in libertá vantai:
per la figlia d’un servo è degno assai.
Manlio. A che vieni?
Attilia. A che vengo! Ah! sino a quando,
con stupor della terra,
con vergogna di Roma, in vil servaggio
Regolo ha da languir? Scorrono i giorni,