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186 xix - antigono


in terreno stranier; tremando aspetto

d’Antigono il destin; penso che privo
d’un valoroso figlio
ne’ cimenti è per me; mi veggo intorno
di domestiche fiamme e pellegrine
questa reggia avvampar; so che di tanti
incendi io son la sventurata face;
e non basta? e tu cerchi
altre cagioni al mio dolor?
Ismene.   Son degni
questi sensi di te; ma il duol, che nasce
sol di ragion, mai non eccede, e sempre
il tranquillo carattere conserva
dell’origine sua. Quelle, onde un’alma
troppo agitar si sente,
son tempeste del cor, non della mente.
Berenice. Come! d’affetti alla ragion nemici
puoi credermi capace?
Ismene.   Io non t’offendo,
se temo in te ciò che in me provo. Anch’io
odiar deggio Alessandro,
nemico al padre, infido a me: vorrei,
lo procuro, e non posso.
Berenice.   E ne’ tuoi casi
qual parte aver degg’io?
Ismene. Come Alessandro il mio, Demetrio forse
ha sorpreso il tuo cor.
Berenice.   Demetrio! Ah! donde
sospetto sí crudel?
Ismene.   Dal tuo frequente
parlar di lui, dalla pietá che n’hai,
dal saper che in Egitto
ti vide, t’ammirò; ma, piú che altronde,
dagli sdegni del padre.
Berenice.   Ei non comincia
oggi ad esser geloso.