Pagina:Metastasio, Pietro – Opere, Vol. IV, 1914 – BEIC 1885923.djvu/294

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288 xxi - il re pastore


Elisa.   Rischio non teme,

non ode amor consiglio.
Il non vederti è il mio maggior periglio.
Aminta. E per me...
Elisa.   Deh! m’ascolta. Ho colmo il core
di felici speranze, e non ho pace
finché con te non le divido.
Aminta.   Altrove
piú sicura potrai...
Elisa.   Ma d’Alessandro
fai torto alla virtú. Son della nostra
sicurezza custodi
quelle schiere che temi. Ei da un tiranno
venne Sidone a liberar; né vuole
che sia vendita il dono:
ne franse il giogo, e ne ricusa il trono.
Aminta. Chi sará dunque il nostro re?
Elisa.   Si crede
che, ignoto anche a se stesso, occulto viva
il legittimo erede.
Aminta.   E dove...
Elisa.   Ah! lascia
che Alessandro ne cerchi. Odi. La mia
pietosa madre... oh cara madre!... alfine
giá l’amor mio seconda; ella de’ nostri
sospirati imenei
va l’assenso a implorar dal genitore,
e l’otterrá: me lo predice il core.
Aminta. Ah!
Elisa.   Tu sospiri, Aminta?
Che vuol dir quel sospiro?
Aminta. Contro il destin m’adiro,
che sí poco mi fece
degno, Elisa, di te. Tu vanti il chiaro
sangue di Cadmo; io, pastorello oscuro
ignoro il mio. Tu abbandonar dovrai