Pagina:Metastasio, Pietro – Opere, Vol. IV, 1914 – BEIC 1885923.djvu/325

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atto terzo 319


quando al tuo re la mano

porger m’avrai veduto.
Agenore. Io nol vedrò.
Tamiri. (con impeto) Che! nol vedrai? Ti voglio
presente alle mie nozze.
Agenore.   Ah! no, perdona:
questo è l’ultimo addio.
Tamiri.   Senti. Ove vai?
Agenore. Ove il ciel mi destina.
Tamiri. E ubbidisci cosí la tua regina? (con impeto)
Agenore. Giá senza me...
Tamiri.   No, senza te sarebbe
la mia sorte men bella.
Agenore.   E che pretendi?
Tamiri. Che mi vegga felice (con ironia)
il mio benefattore e si compiaccia
dell’opra sua.
Agenore.   (Che tirannia!) Deh! cangia,
Tamiri, per pietá...
Tamiri. (con impeto)  Prieghi non odo,
né scuse accetto: ubbidienza io voglio
da un suddito fedele.
Agenore. (Oh Dio!)
Tamiri.   M’udisti? (come sopra)
Agenore.   Ubbidirò, crudele.
Tamiri.   Se tu di me fai dono,
     se vuoi che d’altri io sia,
     perché la colpa è mia?
     perché son io crudel?
          La mia dolcezza imíta:
     l’abbandonata io sono,
     e non t’insulto ardita,
     chiamandoti infedel. (parte)