Pagina:Metastasio, Pietro – Opere, Vol. I, 1912 – BEIC 1883676.djvu/291

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atto secondo 285


Fulvia.  No, te ne priego:
lascia ch’io vada.
Valentiniano.  Io nol consento. Afferma
per mio piacer di nuovo
che sospiri per me, ch’io ti son caro,
che godi alle sue pene...
Fulvia. Ma se vero non è; s’egli è il mio bene!
Valentiniano.  Che dici?
Massimo.  (Aimè!)
Ezio.  Respiro.
Fulvia.  E sino a quando
dissimular dovrò? Finsi finora,
Cesare, per placarti; Ezio innocente
salvar credei. Per lui mi struggo; e sappi
ch’io non t’amo davvero, e non t’amai.
E se i miei labbri mai
ch’io t’amo a te diranno,
non mi credere, Augusto; allor t’inganno.
Ezio. Oh cari accenti!
Valentiniano.  Ove son io! Che ascolto!
Qual ardir, qual baldanza!
Ezio. Vedi se t’ingannò la tua speranza.
  (a Valentiniano)
Valentiniano.  Ah temerario! ah ingrata! Olà! custodi, (s’alza)
toglietemi davanti
quel traditor. Nel carcere piú orrendo
serbatelo al mio sdegno.
Ezio. Il tuo furor del mio trionfo è segno.
Chi piú di me felice? Io cederei
per questa ogni vittoria.
Non t’invidio l’impero,
non ho cura del resto:
è trionfo leggiero
Attila vinto, a paragon di questo.
               Ecco alle mie catene,
          ecco a morir m’invio: