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russi e tartari

Kiatka sulla frontiera mongola, e di là con 30 kopek per parola, la posta trasporta i dispacci a Pekino in quattordici giorni.

Gli è questo filo teso da Ekaterinburgo a Nikolaevsk, che era stato reciso prima, un po’ innanzi di Tomsk, e qualche ora dopo tra Tomsk e Kolyvan.

Ed è per ciò che lo czar, dopo la seconda comunicazione avuta dal generale Kissoff, non aveva risposto che queste sole parole: un corriere all’istante!

Lo czar era di qualche tempo immobile alla finestra del suo gabinetto, quando gli uscieri aprirono di nuovo la porta:

— Entra, generale, disse lo czar con voce breve, e dimmi tutto quanto sai di Ivan Ogareff.

— È uomo pericolosissimo, sire, disse il gran mastro di polizia.

— Aveva grado di colonnello?

— Sì, sire.

— Era un ufficiale intelligente?

— Intelligentissimo, ma non si lasciava dominare ed aveva un’ambizione sfrenata, che non dava indietro per checchessia. Non tardò a gettarsi in segreti intrighi, ed è allora che fu cassato dal suo grado e poi esiliato in Siberia.

— E quando ciò?

— Due anni sono. Graziato dopo sei mesi di esilio per favore di Vostra Maestà, rientrò in Russia.

— E di poi non tornò in Siberia?

— Sì, sire, ma questa volta volontariamente, rispose il gran mastro di polizia.

Ed aggiunse abbassando un po’ la voce:

— Una volta, sire, quando si andava in Siberia non se ne tornava più.