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michele strogoff

— Ebbene, me vivo, è e sarà un paese da cui si ritorna.

Lo czar aveva il diritto di pronunciare queste parole con fierezza, perchè ha spesso mostrato colla sua clemenza che la giustizia russa sa perdonare.

Il gran mastro di polizia nulla rispose, ma era evidente che non amava le mezze misure. A parer suo un uomo che avesse passato i monti Urali fra i gendarmi non doveva più ripassarli. Ora così non accadeva sotto il nuovo regno, con sincero sconforto del gran mastro di polizia. Come! non più condanne a perpetuità per altri crimini che per quelli di dritto comune? Come! esiliati politici tornavano da Tobolsk, da Iakutsk, da Irkutsk! In verità il gran mastro di polizia, avvezzo alle decisioni autocratiche degli ukasi, che mai non perdonavano, non poteva ammettere questa maniera di governare; ma tacque, aspettando che lo czar lo interrogasse di nuovo.

Le domande non si fecero aspettare.

— Ivan Ogareff, domandò lo czar, non è rientrato altra volta in Russia dopo quel viaggio nelle provincie siberiane, viaggio di cui rimase ignoto il vero scopo?

— Vi è rientrato.

— E dopo il suo ritorno, la polizia ne ha perdute le traccie?

— No, sire, perchè un condannato non diventa propriamente pericoloso se non dal giorno in cui gli fu fatta grazia.

La fronte dello czar s’abbujò un istante. Forse il gran mastro di polizia potè temere d’essere andato troppo oltre, benchè la sua ostinazione nelle proprie idee fosse almeno pari alla devo-