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Pagina:Mill - La liberta, Sonzogno, Milano.djvu/103

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capitolo quinto. 103

mostra l’assurdità che vi sarebbe nel supporre che tali sforzi siano stati fatti in alcuno dei casi di cui noi qui ci dobbiamo occupare. Soltanto perchè le instituzioni del nostro paese sono un tessuto di contraddizioni, vi si vedono mettere in pratica delle cose appartenenti al sistema del governo dispotico o così detto paterno, mentre la libertà generale delle nostre instituzioni impedisce di esercitare quel controllo, che è necessario per rendere la costrizione veramente efficace come educazione morale.

È stato dimostrato, nelle prime pagine di questo saggio, che la libertà dell’individuo nelle cose che toccano soltanto lui, implica la libertà per qualsivoglia numero d’individui di regolare con una mutua convenzione delle cose che li riguardano tutti collettivamente e che non riguardano altri. La questione non presenta difficoltà finchè la volontà delle persone interessate resta la stessa; ma, poichè questa volontà può mutare, è spesso necessario, anche in cose che concernono soltanto queste persone, ch’esse si assumano degli obblighi vicendevoli; e, fatto questo, è conveniente per regola generale che questi obblighi siano rispettati. Non di meno, è probabile che nelle leggi d’ogni paese questa regola generale vada soggetta a qualche eccezione. Non soltanto non siamo tenuti ad adempire gli obblighi che violano i diritti di un terzo, ma talvolta si considera come ragion sufficiente per liberarci da un’obbligazione, ch’essa ci sia dannosa: per esempio nel nostro paese e nella maggior parte dei paesi civili, un patto pel quale una persona si vendesse o consentisse ad esser venduta schiava sarebbe irrito e nullo: nè la legge nè l’opinione pubblica lo renderebbero obbligatorio. Il motivo che si ha per limitare così il potere di un individuo su sè stesso è evidente, e lo si scorge molto chiaro in questo caso estremo. La ragione per cui non si interviene (tranne che a vantaggio degli altri) nelle azioni volontarie d’una persona è il riguardo che si ha per la sua libertà: la scelta volontaria di un uomo proval che ciò ch’egli sceglie cosi è desiderabile o quanto meno sopportabile per lui, e ad ogni modo non si può meglio assicurare il suo benessere se non lasciando ch’egli lo prenda ove crede trovarlo. Ma, vendendosi schiavo, un uomo abdica alla sua libertà, abbandona qualunque uso futuro della libertà con un atto unico: dunque esso distrugge, nei suoi propri riguardi, la ragione per cui lo si lasciava libero di disporre di sè; esso non è più libero, e d’allora in poi si trova in una condizione dove non si può più presumere ch’egli rimanga volontariamente. Il principio di libertà non può esigere ch’egli sia libero... di non esser libero; non vi è liberta insomma di poter rinunciare alla propria libertà. Queste ragioni, la cui forza appare così evidente in tal caso particolare, possono naturalmente essere applicate in molti