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Pagina:Mill - La liberta, Sonzogno, Milano.djvu/108

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108 la libertà

a che si insegnasse ad essi la religione, quando i genitori lo chiedessero nella scuola dove loro s’insegna tutto il resto.

Tutti gli sforzi dello Stato per influire sul giudizio dei cittadini a proposito di soggetti discussi sono dannosi; ma lo Stato può perfettamente offrirsi di assicurare e certificare che una persona possiede le cognizioni necessarie per rendere degna d’attenzione la opinione propria su un dato soggetto.

Sarebbe tanto di guadagnato per uno studente di filosofia di poter sottoporsi ad un esame su Locke e su Kant non importa quale dei due egli adotti, e quando anche non dovesse adottare nè l’uno né l’altro; e non ci sono ragionevoli obbiezioni ad esaminare un ateo sulle prove del cristianesimo, purchè esso non sia obbligato a farne una professione di fede.

Tuttavia gli esami sui rami più elevati del sapere dovrebbero, a mio avviso, essere affatto facoltativi; sarebbe accordare un troppo pericoloso potere ai governi il permettere loro di chiudere il varco a qualche carriera, anche dell’insegnamento, sotto il pretesto che non si possiedono in un grado sufficiente le qualità richieste; ed io penso con Guglielmo di Humboldt che i gradi o gli altri certificati pubblici di cognizioni scientifiche o professionali dovrebbero essere accordati a tutti quelli che si presentano all’esame e che lo sostengono con buon esito, ma che tali certificati non dovrebbero dare altro vantaggio sui rivali oltre al valore che loro attribuisce l’opinione del pubblico.

Si vede qui un caso in cui, per un mal inteso concetto di libertà, non si riconoscono punto degli obblighi morali e non s’impongono punto degli obblighi legali, mentre e gli uni e gli altri sarebbero estremamente necessari; ma questo caso non è isolato.

Il fatto stesso di dar l’esistenza ad un essere umano è una delle azioni nel corso della vita che portano con sé la più grande responsabilità.

Prendersi questa responsabilità di dare una vita che può essere fonte di dolore o di gioja è un delitto verso l’essere a cui la si dà quando non vi siano per lui le ordinarie probabilità di una esistenza desiderabile. E in un paese troppo popolato o che minaccia di diventarlo, mettere al mondo più di un piccolo numero di figli, cioè ridurre con la concorrenza il valore del lavoro, è una seria colpa a danno di tutti quelli che vivono di lavoro. Le leggi che, in un gran numero di paesi del continente, proibiscono il matrimonio, a meno che le parti non provino di poter mantenere una famiglia, non oltrepassano i confini dei poteri legittimi dello Stato; e, siano esse utili o no (cosa che specialmente dipende dalle circostanze e dai sentimenti locali) non si può rimproverar loro di essere violazioni di libertà.