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A T T O

Dice, che spira la dorata chioma,
Vorrebbe non haver tal senso, prima,
Che restar privo del bramato odore;
S’egli non può fruire i dolci bacci
E giunger mano, à mano,
Il Gusto, e ’l Tatto parimente aborre.
E vaneggiando spesso,
Veggono il bene, e pur del mal son vaghi;
Quest’occhi son cagion, ch’io mi rallegro,
Mentre veggio gran copia di vivande;
E questo udito mi conforta, mentre
Odo spesso parlar d’empire il ventre.
De l’Odorato non ti parlo, avvenga,
Che qualhor sento il pretioso odore
De l’arosto fumante,
Io vò tutto in dolcezza.
Il Tatto è quello, che mi fa sentire
Sommo diletto, mentre i grassi Agnelli
Toccando vado, e le Vitelle, e dico
Queste sien buone all’appetito mio.
Ma che dirò del Gusto? ohime, non posso
Esprimerne parola, tanto e’l gaudio,
Ch’io sento, a pensar solo al gran piacere,
Che si prova nel bere, e nel mangiare,
Onde senza ragion mi van biasmando
Questi semplici amanti, poi ch’io spendo
In sì lodato, & utile esercitio
Tutte le dotti, che mi diè Natura.
Anzi ella stessa (s’è pur saggia) deve


Obligo