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70 Mitologia comparata.

Mercurio, pensava a qualche illustre spia contemporanea:

 Grandisonante e d’alterezza pieno
 È tal discorso inver, quale a ministro
 Si convien degli Dei. Siete novelli
 In nuovo regno, e d’abitar credete
 Securissime rocche; ma caderne
 Pur non vid’io già due regnanti? e il terzo
 Quel ch’oggi impera, anco vedrò ben tosto,
 E in turpissima guisa. Or non ti sembra
 Ch’io tema e tremi de’ novelli dei?
 Lungi da me tanta vergogna.
 E tu Per la via che venisti indietro torna;
 Nulla da me di quanto chiedi, udrai.

Mercurio rinfaccia a Prometeo che la sua insolenza lo portò a quel fine; ma questi è pronto a rispondere:

 Io t’assicuro.
 Non cangerei la mia misera sorte
 Con la tua servitù. Meglio d’assai
 Lo star qui ligio a questa rupe io stimo,
 Che fedel messaggiero esser di Giove,
 Così insultar gli insultatori è d’uopo.

Dopo altre poche parole, Mercurio si lagna di esser trattato da Prometeo come fanciullo; questi ripiglia:

 E non se’ tu fanciullo,
 E più semplice ancor, se udir t’aspetti
 Cosa alcuna da me? Non v’è tormento,
 Arte non evvi, onde m’induca Giove
 L’alto segreto a rivelar, se pria
 Sciolto non m’ha da queste aspre catene.
 Scaglisi pur la divampante folgore
 E con nembi di neve e sotterranei
 Tuoni si mesca e si sconvolga tutto:
 Non pertanto sarà che a dir mi pieghi,
 Chi sia che un giorno il balzerà di seggio.