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Pagina:Monete dei romani pontefici avanti il mille.djvu/55

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LEO PA per Papa, notando che dei tre tratti orizzontali necessari per formare la lettera E, in due pezzi manca il terzo inferiore.

Il peso è di grani 30 pel primo, 28 pel secondo e 31 pel terzo, e la bontà pare di argento fine.

Queste monete che non possono a meno di essere di Leone III, essendo il solo durante il cui pontificato abbia imperato un Carlo, devono essere state battute tra il gennaio dell’801 e quello dell’814, quando mancò di vita quest’imperatore.

Ci rimane a cercare, secondo quale legge esse siano state lavorate.

Nè pel tipo nè pel peso al sistema bizantino avvicinandosi, dovrebbero appartenere a quello de’ Franchi, e specialmente somigliare ai denari da Carlo Magno battuti ne’ suoi stati d’Italia, ed appunto vi troviamo con questi una grandissima analogia sia nella forma dei caratteri, che nella loro disposizione, e nel loro peso.

Ora ciò osservato, procuriamo di conoscere come sia questa legge. Abbiamo un capitolare di Pipino del 7561, nel quale leggesi: Constituimus ut amplius non habeat in libra pensante nisi xxii solidos, et de ipsis xxii solidis (monetarius) accipiat solidum unum, et illos alios domino cuius sunt reddat. Inoltre troviamo in capitolare di Carlo il Calvo dell’8642, che sebben posteriore, appare in questa parte copiato da altro non conosciuto di Carlo Magno, Ut in denariis novae nostras monetae ex una parte nomen nostrum habeatur in gyro, et in medio nostri nominis monogramma, ex altera vero parte nomen civitatis, et in medio crux habeatur.

Quest’ultimo riguarda solamente il tipo, e vediamo che i papi ad esso in parte vollero attenersi, ma l’altro stabilisce il peso di questi pezzi che i Franchi chiamarono denari, dodici de’ quali formavano il soldo convenzionale, e così essendo la libbra composta di 22 soldi, vuol dire che abbisognavano per formarne una 264 denari, de’ quali 12 ritenendo il zecchiere, gli altri dava a chi portava argento fine per ridurlo in menete.

Dico argento fine, non già che veramente fosse a 12 denari, ossia privo di qualunque lega, ma stante l’impossibilità nella quale allora erasi per portarlo a tal perfezione, come tale era convenuto riceversi quando conteneva solamente un ventiquattresimo di lega, cioè era a denari 11, 12.

In quanto alla libbra di Pipino, si sa essere stata la romana, che come

  1. Pertz, Monumenta Germaniae historica. Legum. T. I, pag. 31.
  2. Idem, pag. 490.