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delle sei stelle nel centro e le due chiavi papali accollate, quattro scudi sormontati tutti da corone fogliate e aperte, ed aventi alternativamente due il pozzo e due l’aquila, colla leggenda A . DNO . FACT . EST . ISTVD..

Del mezzo-scudo il conio del diritto in pessimo stato, il solo però, come dissi, che esiste (T. IV, N° 34), ha lo stesso busto del precedente col cuore sotto, con attorno IAC . A . PVT . CISTERNÆ ET ., onde scorgcsi che nel rovescio probabilmente attorno allo stemma si doveva leggere Belguardi princeps.

Dove le anzidette monete siano state lavorate ed a qual legge l’ignoro; appare però che il solo Iacopo usò di questo diritto facendone coniare ben poche, ed unicamente per provare di posseder un sì prezioso privilegio, che nessuna mai fra noi se ne rinvenne, nè conosco esisterne ora effettiva alcuna, ad eccezione forse della riportata dall’Appel.

Quantunque evidentemente appaia tale essere stato lo scopo per cui quel principe battè queste nobili monete, nessun dubbio essendovi che basse e minute non abbia fatto lavorare, che in tal caso se ne saria infallibilmente alcuna scoperta, e che da nessuno de’ suoi successori siasi tenuto zecca aperta, tuttavia i sovrani del Piemonte, nel cui stato quel feudo trovavasi inchiuso, sempre temendo che continuando essi ad usar di tal diritto, ne potesse col tempo derivar danno ai loro sudditi, come per esperienza avevano riconosciuto avvenire per causa di altri feudatari sì imperiali che ecclesiastici di queste provincie, i quali di tal prerogativa avevano abusato, dopo ottenuto dalla Santa Sede il vicariato sopra tutti i feudi del Piemonte da essa dipendenti, nel decreto della regia camera de’ conti delli 11 aprile 1790, col quale accordava a nome del re come vicario pontificio, l’investitura del principato della Cisterna a Giuseppe Alfonso Dal Pozzo padre dell’ultimo defunto principe Carlo Emanuele, col quale s’estinse la discendenza maschile di questo nobilissimo casato, vennero esclusi dai soliti diritti quello della terza cognizione delle cause, e di battere propria moneta.