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SESTO. | 105 |
XIV.
Nel Mondo il tuo, e il mio introducesti,
Ogni arte, e profession falsificasti;
Tu nelle corti il turciman facesti,
A rovescio ogni legge interpetrasti,
A procelle di mar l’uomo esponesti,
E dei sbirri la razza propagasti;
Alla coscienza poi si mal ridotta
La corazza mettesti, e ’l petto a botta.
XV.
Ma perchè son gli estremi ognor viziosi,
L’esser prodigo ancora è molto male:
Oh quanti giovanacci scandalosi
Mandano larghe spese all’ospedale!
„ Chi ’l suo scialacqua in modi licenziosi,
Di vacchetta diviene uno stivale;
Ridotto poi come candela al verde
Senza lume rimane, e sempre perde.
XVI.
Bisogna dunque i vizj omai lasciare,
Che all’anima vi son tante catene,
Per farla dentro dell’inferno stare
Sempre legata in sempiterne pene.
Molto conviene a ciaschedun sudare
Nel negoziare i suoi talenti in bene:
Solo chi s’affatica, vien premiato,
E la mercede aspetta un che ha zappato.