Pagina:Moore - Il profeta velato, Torino, 1838.djvu/129

Da Wikisource.

[124]

Di quell’ore innocenti, e, qual solevi
960In que’ tempi beati, un’altra volta
Sarai commosso per la tua Zelica.
Così le preci tue, come rugiada
Che su rai del mattino ergesi al cielo,
S’innalzeranno al nume avvalorate
965Di tutto il foco d’un primiero amore,
E perdonata — oimè! sento mancarmi;
O cielo! anco un istante — e perdonata
Sarò pel tuo pregar; quindi, se l’alme
Rivelar puonno dall’eterna sede
970Lor gaudio ai cari che pur sono in terra,
Verrò spirto beato in lieto sogno
Per dirti — oh cielo! io moro, io moro! — addio!»
     Anni ed anni eran corsi, e pochi in vita
Erano ancora di color che visto
975Avean quel giorno luttüoso il fato
Della fanciulla, e del garzon le angosce,
Quando, in ripa all’Amôo, presso un sepolcro,
Un vegliardo che avvezzo era da lungo
A sera, a mane accanto a quella tomba
980A prostrarsi e pregar, l’ultima volta
Le ginocchia piegava, e benchè l’ombra
Della morte il cerchiasse, una gentile
Luce di gioia tuttavia splendeva