Pagina:Moore - Il profeta velato, Torino, 1838.djvu/18

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Oh! chi, pur anco nel servaggio, il piede
135Mosse di Grecia sul sacrato suolo,
Nè in cor sentì lo spirito infiammarsi
Di nobil foco? Chi mirò la terra
Un giorno ostel di libertà, nè vide
Di quell’austera Dea le luminose
140Vestigia, nè sentì quasi un’arcana
Aura di suo passaggio accusatrice?
Non ei, non ei quel giovine guerriero;
Troppo forte all’ardente anima il suono
Gli favellava dell’antiche etadi,
145Ed or ch’ei torna alla natal contrada
Piena ha la mente di que’ sogni aurati
Che inutilmente grandi ahi! son tormento
Di giovin core; — audaci sogni in cui
Il mortale s’esalta al par d’un Dio,
150Ma fallaci così come l’aspetto
Dell’orizzonte là dove ne pare
Che questa terra si congiunga al cielo.
Appena ei seppe che divino un braccio
A redimer le genti erasi alzato
155E vide sfavillar chiare e raggianti
Sul bianco segno di Mokanna impresse
Queste parole: libertade al mondo!
Subitamente e fede e brando e core