Pagina:Moore - Il profeta velato, Torino, 1838.djvu/37

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E proferto bestemmie inique tanto
610Che anco uno spirto dissennato e cieco
Inorridito avria; pure lo zelo,
L’ambizïone, il suo voto tremendo,
Il continuo pensier che quel lucente
Volto di gloria, infino ad or nascoso
615A tutt’occhio mortal, manifestato
Sariasi a lei tra poco, a lei soltanto,
E la speranza alfin, la sopra tutte
Gioie dell’alma sua cara speranza
Che il suo viver quaggiuso altro non fosse
620Che un volar passeggero infra l’impuro
Foco terreno onde affinato e terso,
Più puro ancor di pria, sarebbe asceso
Il suo spirto lassù, come profumo
Che tra globi di fiamma alzasi agli astri,
625E che, quando il divino abbracciamento
Circondata l’avria d’Azimo in cielo,
Nè un sol vestigio di terrena impronta
Maculato le avrebbe il casto seno,
Ma splendente, illibata e sua per sempre
630S’avria godute le dolcezze eterne....
Queste soavi illusïoni e questi
Sogni del core suo fatti signori
La delusa teneano anima avvinta