Pagina:Moore - Il profeta velato, Torino, 1838.djvu/76

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Dolente e solo; — ahi non è sol! quel grave
Sospir, quel rotto singhiozzar d’un core,
Che trafitto è dal duolo, a lui venuto
Da vicina persona — oh! di chi fia?
530Puote oimè! la sventura anco aver stanza
In questo suol di voluttade ostello?
Si rivolge a quel suono, e un femminile
Sembiante ei mira, una dolente forma
Che, il volto ombrata di sottil zendado,
535Da marmorea colonna è sostenuta,
Quasi a un tempo da lei fosser partiti
La forza e il core; — non di gemme adorna,
Nè di floridi serti incoronata,
Qual eran le compagne, ella appariva;
540Ma in quel mesto racchiusa abito azzurro
Che vestir di Bokara hanno in costume
Le verginelle allor che onorar vonno
Di caro estinto o di lontano amico
La soave memoria; e tal Zelica
545Avev’abito il dì che Azimo, ahi duolo!
Da lei tolse congedo, — ora fatale
In ch’ei pel troppo di suo cor dolore
Non potè motto proferir, ma solo
Con un bacio infocato a lei sul volto
550La suprema asciugò lagrima amara.