Pagina:Moore - Il profeta velato, Torino, 1838.djvu/81

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Tutto è palese a lui quanto lo possa
Il medesmo rossor far manifesto
Con sue note di fiamma; e sia qual vuolsi
Quella mano che a lui strappa ed al cielo
655Quella lucente creatura — è fisso —
Al cielo, a lui per sempre essa è perduta!
Per lui fu quello un ineffabil punto;
Interminati secoli di pianto,
E di lento, perenne, orrido crucio
660Non fien bastanti a pareggiar l’angoscia
Di quel punto fatal; quanto d’amaro
In sue mille vicende il dolor chiude
In quell’ora d’ambascia a lui sul core
Piobbe raccolto e in tanta onda d’affanni
665Ogni speranza di quaggiù sommerse.
     «Non maledirmi» ella gridò, mentr’esso
Disperato la mano al cielo alzava;
«Benchè perduta eternamente io sia
Deh! non pensar che da procaci affetti
670O da nove vaghezze affascinata
In tanto orror cadessi; ah! mi travolse
Dolor la mente e forsennata errai.
Oh! non dubbiar della mia fè; quantunque
Abbi a me l’amor tuo tutto ritolto
675Pur deh! almen credi che smarrita e spenta