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com’è naturale, si conservano più facilmente. Ma se è certo che le due letterature di Francia sono più antiche della nostra, non è men certo che gl’idiomi italiani si svolsero, per dir così, parallelamente ai francesi, di guisa che la storia di questi è anche, in sostanza, la storia dei nostri, come di tutti gli altri neolatini. Del resto, anche gli scarsi documenti che abbiamo, se sono insufficienti a risolvere molte questioni filologiche parziali, sono però più che sufficienti per la questione storica generale, potendosi applicar loro il noto detto: ex ungue leonem.
Nelle Inscriptiones Christianae urbis Romae, pubblicate dal De Rossi, come anche in altre simili, s’incontrano forme volgari o semivolgari perfino nel IV secolo. Per esempio, un mesis per mensibus, s’incontra nell’anno 310 (pag. 31); un mesis nobe (nove) nell’anno 350 (pag. 67); un Pitzinnina (Pizzinina, Piccinina, nome o soprannome d’una giovine) nell’anno 392 (pag. 177); un septe per septem nell’anno 394 (pag. 183). Importante e curiosa mi pare poi sotto questo rispetto un’iscrizione dell’anno 404 (pag. 226), che dice così:
s
lepusclu leo
n
qui vixit anum et mesis undeci
et
et dies decenove
perit septimu calendas agustas etc.
Qui, oltre le forme undeci e septimu, tuttora vi-