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della lingua italiana 57

e illustrano la storia di âme. E così è (per citare un ultimo esempio) dell’italiano topo, il quale è derivato dal lat. talpa: primo, per lo scambio di al in aul au (talpa = taupa,), come in “autre„ per “altro;„ secondo, di au in o (taupa = topa), come in “lode„ da “laude;„ terzo, col mutamento di genere (topa = topo), come in uccello da avicella = aucella.

Con questo metodo, dunque, si scoprono molto spesso etimologie inaspettate; ma non è più possibile cadere in quelle aberrazioni, per cui, ad esempio, il Menagio (1613-1692), con una serie di mutamenti cervellotici, faceva derivare alfana da equus: derivazione che gli fruttò il grazioso epigramma del cavalier d’Aceilly:

   Alfana vient d’equus sans doute;
Mais il faut convenir aussi
Qu’à venir de là jusqu’ici,
Il a bien changé sur la route.


IX.


Mentre però in Francia, dal IX secolo in poi, si hanno documenti sicuri e via via più copiosi per seguire passo per passo lo svolgimento di quegli idiomi, in Italia, invece, fino alla prima metà del sec. XIII, i documenti scarseggiano. Questa differenza proviene soprattutto dal fatto, che Provenzali e Francesi, essendo meno di noi affezionati al latino, cominciarono prima di noi a usare i loro volgari anche in opere letterarie, le quali,