Pagina:Morbosità Emma Arnaud.pdf/13

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Ella tacque, fermandosi sui due piedi e disegnando coll’ombrellino dei cerchiolini concentrici che finivano con un punto che era nn buco nella terra e così di seguito, distrattamente, cancellando, rifacendo quei geroglifici, che forse nella sua mente volevano diro qualche cosa.

— Andate in campagna, marchesa?

— Adesso? no, è troppo presto, è appena la primavera.

— Voi non l’amate la primavera.

— Io no, E una stagione inutile, sbiadita.

— Sbiadita! la calunniate, marchesa.

— La paragonerei ad una fanciulla già hellissima, ma molto ingenua, non ancora donna. Per me amo il bel sole di luglio pieno e cocente, che mette delle punture nella carne, è un abbarbaglio negli occhi; amo la vita vera, scoppiante, divina nella sua manifestazione, La primavera è una strana insidiatrice nella sua incertezza, ha troppi fiori, troppi fremiti, troppi susurri. Mi mandate via, duca?

— Sì, per perseguitarvi.

— Sarebbe inutile, perseguitatemi quì.

— Me lo permettete?

— Non ve lo impedisco.

— Siete dura, Elena. Guardate che bel cespuglio di rose.

— Sono le rose della Madonna,

— Come della Madonna?

— Non lo sapete? è un’idea gentile delle nostre contadine che offrono quelle prime rose alla Vergine, sono fiori delicati con molto profumo è poche spine.