Pagina:Morbosità Emma Arnaud.pdf/17

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— Da me?

— Da voi.

Rifecero il viale adagio senza parlare. Elena strappando le foglioline verdi delle siepi e masticandolo coi suoi bei dentini bianchi e distruggitori, Attilio San Pietro guardando attorno nelle sue lenti cerchiate d’oro.

— Dunque posso aspettarvi, duca?

— Mi aspetterete davvero, marchesa?

- Vi avverto, non più di cinque minuti, è il tempo che uso dedicare a tutti i miei amici quando li aspetto.

— Grazie, marchesa, è già troppo, disse Attilio un po’ comicamente, verrò.

Elena salì leggera nella sua victoria senza aspettare l’aiuto del duca.



Era un appartamento ampio, arioso, severamente elegante. La marchesa Elena lo avea fatto addobbare con un gusto squisito, ma un pochino pesante: i mobili del salone erano grandi, dalle forme riccamente rotonde e piene, i seggioloni di damasco pareva volessero accogliere nelle loro braccia qualche bella matrona, colossale nell’ampia crinoline dei tempi di Luigi XVI.

Erano le scolture massiccio fatte nel mogano, sulle consolide splendeva il marmo verde di Carrara così cupo e così signorile; non vi erano i piccoli tavolini di lacca, così graziosi fatti apposta per posarvi un album, per mettervi un giornale, per scrivervi una letterina rosea da diritti, coi guanti.