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moso discorso del 28 febbraio 1978, aveva intuito i possibili aspetti drammatici, invitando però a reagire da uomini, a non cedere al pessimismo e a essere fedeli ai nostri obblighi, a ciò che va fatto per il bene della collettività e delle prossime generazioni. “Oggi dobbiamo vivere, oggi è la nostra responsabilità; si tratta di essere coraggiosi e fiduciosi al tempo stesso; si tratta di vivere il tempo che ci è stato dato con tutte le sue difficoltà”.1 Sono parole che nell’attuale stagione di crisi sono da ripetere e meditare, insieme con quelle, assai suggestive, da cui deriva il titolo di queste giornate: è saggio (seppure purtroppo frequentemente inascoltato) l’ammonimento di guardare al dopo domani, per non lasciarsi sopraffare dalla contingenza delle pur gravi emergenze che ci assillano, e per immaginare realisticamente, oltre che con fiduciosa speranza, il futuro che intendiamo costruire.

Anche a questo contribuisce la cultura, quando viene adeguatamente tutelata e promossa: a sviluppare una visione di ampio respiro sulla vita dei singoli e delle aggregazioni, a partire innanzi tutto dalla ricchezza consegnataci dalle personalità più lungimiranti, affinché si sappia farne tesoro.

Avviandomi a concludere, rinnovo i ringraziamenti del Ministero, e miei personali, a quanti si sono prodigati, con dedizione e professionalità, sia nel favorire e concretamente compiere i delicati interventi sui manoscritti morotei, sia successivamente nell’organizzare queste giornate. Il ricordo delle vittime di ogni forma di violenza e, specificamente, del terrorismo è un dovere civile da praticare con convinzione e a cui educare i più giovani. Riposa qui il valore del “Giorno della memoria”, poiché, come ha sottolineato il Presidente Giorgio Napolitano il 9 maggio 2008, nel trentennale della morte di Moro, «quel che più conta [...] è scongiurare ogni rischio di rimozione di una così sconvolgente esperienza vissuta dal Paese, per poter prevenire ogni pericolo di riproduzione di quei fenomeni che sono tanto costati alla democrazia e agli italiani».2 È un monito chiaro, che mai può venir meno nelle nostre coscienze, perché — come purtroppo anche la più recente cronaca dimostra, con l’attentato di Genova al manager Roberto Adinolfi — non si deve abbassare la guardia in nessun momento.

Le lettere di Moro, con la sofferenza e il patimento che trasmettono, toccano l’anima di ciascuno. È dunque opportuna ogni iniziativa che vada nella direzione di una loro piena comprensione, che le trasforma senz’altro in efficaci ‘strumenti’ capaci di sostenere la maturazione e la rigenerazione delle nostre comunità. Esse, inoltre, ci consegnano il ritratto di un grande statista, colto nei momenti finali — così straziantemente umani, così paradigmaticamente cristiani — della

  1. Discorso ai gruppi parlamentari della Democrazia Cristiana, 28 febbraio 1978.
  2. Palazzo del Quirinale, 9 maggio 2008; per il testo completo del discorso vedi Intervento del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione del "Giorno della memoria" dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice