Pagina:Morselli - L'uccisione pietosa (L'eutanasia), Torino, Bocca, 1928.djvu/238

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alla possibilità che la autorizzazione famigliale, sotto le apparenze della misericordia che mira a liberare i pazienti dai loro ipercoscienti strazii, nasconda l’egoistico bisogno di liberarsi da quel penosissimo spettacolo, di procurarsi una quiete non turbata dai lagni e dai gemiti del sofferente. Anche qui son da ricordare i casi criminali di quei genitori che avendo messa al mondo una creatura mostruosa o deforme, un povero fanciullo infermiccio, sciancato, impotente per paralisi cerebrali e spinali infantili, e non potendone o non volendone sopportare la vista che suona rampogna per i loro vizi, per le loro tare ereditarie e brutture, per la loro incapacità di allevarli decentemente ed umanamente, li spingono verso la tomba a furia di sevizie, di privazioni, di crudelissimi trattamenti. Qualcuno di questi infami si è giustificato con una scusa, purtroppo a contenuto eutanatistico: “Meglio farli morir presto che lasciarli vivere per patire!„. Il mio carissimo Lino Ferriani, nel suo bello e commovente libro I fanciulli martiri, ha riportato esempi cinici di questa pretesa “morte liberatrice„.

Così si veggono sorgere ad ogni passo difficoltà e pericoli che rendono addirittura formidabile il problema dell’omicidio medico nei riguardi della responsabilità della classe Sanitaria. Giustamente il Lindsay ricorda i casi in cui i medici vengono sospettati di espandere la peste e quelli in cui si propagano voci calunniose contro gli Ospedali. Egli non