Pagina:Mozzoni - Del voto politico delle donne, Venezia, Visentini, 1877.djvu/24

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È questa perciò una delle obiezioni la cui imponenza sta tutta nella sonorità della frase e per la donna nella grazia delle immagini da essa suscitate.

Nè le donne ripugnano agli affari più di quel che ripugnino alla pubblicità. Se io non ho le traveggole vedo le donne occuparsi di sete e di cotoni, esercitare industrie e professioni, arti e mestieri, impiegare i loro capitali in imprese commerciali, seguire i rialzi ed i ribassi dei pubblici valori, condurre negozi e stabilimenti di pubblico servizio, le trovo inscritte col titolo di pubbliche mercantesse nel Codice di commercio, e ne vedo ogni giorno attendate fin nelle vie e sulle piazze occupate a vendere ed a comperare come gente che non ha mai sognato di ripugnare a queste cose. Se poi intendete dire che le dame mettono i loro affari nelle mani di un amministratore sia per lunga abitudine di indolenza patrizia, sia per darsi esclusivamente ai convegni geniali, ai piaceri, ai viaggi, alla letteratura amena, allora siamo d’accordo, fanno così anche i gaudenti dell’altro sesso, ma chi ha mai sognato che sia ripugnanza intima di natura ciò che vuol porsi in conto al favore delle circostanze?

Nè la poca intelligenza politica delle donne, la loro inesperienza, la loro ignoranza delle questioni sociali regge più di quelle prime obiezioni all’analisi critica.

Qual grado di intelligenza si esigerà per essere elettore? Saper leggere e scrivere? Esigete dippiù, o signori, perchè io conosco bene le nostre compagne e non vorrei che gli elettori risultassero infinitamente più scarsi delle elettrici.

Saper far di conto? Ma l’ultima fruttivendola sbaglia meno i suoi conti che certi impiegati di finanza.

Fare degli sproloquî in politica? Ma io vorrei farvi udire le ciarle di certe popolane che col loro grosso e schietto buon senso miran più dritto che i sofismi stiracchiati di certi gior-