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braccio, per esempio, vanno all’infermeria da soli. Qualcuno, che pur aveva le carni lacerate da schegge di proiettili, fumava tranquillamente una sigaretta. Non un lamento. E’ straordinario! E’ ammirevole! Un mantovano, con un braccio quasi tagliato da una scheggia, si reca da solo al posto di medicazione. E dice al tenente che si affretta attorno a lui, per la medicazione:

— Tenente, tagli il resto! E mi faccia dare un po’ di pagnotta! —

Questo stoicismo è il prodotto dell’atmosfera in cui si vive. Nessun soldato ferito vuol mostrarsi debole e pauroso del proprio sangue, dinanzi ai compagni. Non solo. C’è una ragione più profonda. Non si geme per una ferita, quando si corre continuamente il rischio di morte. La ferita è il meno peggio. Comunque, il silenzio superbo di questi umili figli d’Italia dinanzi al dolore della carne straziata dall’acciaio rovente, è una prova della magnifica solidità della nostra stirpe.


19 Ottobre.


Notte agitata. Bombardamenti lontani e profondi. Dicono che è in direzione di Tolmino e Gorizia. L’«azione» sembra fissata per domani. Sole. Comincia il concerto maestoso, formidabile delle nostre artiglierie. Chi sta — anche per una giornata sola — sotto il bombardamento di un centinaio di cannoni che sparano simultaneamente, riporta una