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il mio diario di guerra 71

Circa i risultati della nostra «azione» non sappiamo nulla di preciso. E’ rimasto ferito il tenente colonnello Albarelli. Passa — fasciato al capo — il caporal maggiore Corradini. Non è grave. Ecco due morti, vittime del 280. Uno di essi è ridotto un informe ammasso, avvolto in un telo di tenda. Comincia in questo momento, ore dieci, la quotidiana sinfonia dei nostri cannoni. Volo basso di corvi. Nel pomeriggio gli austriaci hanno bombardato, per tre ore, la posizione occupata della mia compagnia. Sono gli incerti dei «rincalzi». Ci siamo «ingrottali» in tempo. Alcuni feriti.

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Non comprendo perchè si faccia una distribuzione quotidiana di grappa ai soldati. In quantità minima, è vero, ma si dà ai soldati una pessima abitudine. Il «sorso» d’oggi predispone al bicchierino di domani. Inoltre, c’è chi riesce qualche volta a berne troppa e offre una spettacolo poco edificante. L’unica punizione che sia a mia conoscenza è stata inflitta appunto a un caporale che, avendo abusato di grappa, è stato retrocesso.

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La nostra guerra, come tutte le altre, è una guerra di posizioni, di logoramento. Guerra grigia. Guerra di rassegnazione, di pazienza, di tenacia. Di giorno si sta sotto terra: è di notte che si può vivere un po’ più liberi e tranquilli. Tutta la decorazione della vecchia guerra è scomparsa. Lo stesso fucile sta per diventare inutile. Si va all’assalto di una trincea colle bombe, colle micidialissime granate a mano. Questa guerra è la più