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antitetica al «temperamento» degli italiani. Eppure con le nostre meravigliose facoltà di adattamento ci siamo abituati alla guerra delle trincee, alla guerra del fango, dell’insidia continua, che pone il sistema nervoso a una prova durissima. E’ straordinaria la resistenza ai disagi e al freddo dell’alta montagna, in uomini che vengono da paesi dove non nevica mai! Molte volte ho sorpreso nei discorsi dei miei commilitoni questa affermazione:

— Se fossimo in pianura e in campo aperto, gli austriaci sarebbero presto spacciati! —


24 Ottobre.


Notte di calma assoluta. Mattinata deliziosa dì sole. Il primo colpo di cannone è italiano. E’ finita l’azione? Non ne so nulla. Il Rampoldi, passando dalla mia trincea, mi dice che alcuni dei nostri reparti sono giunti sino al cimitero degli ufficiali austriaci, ma non mi sa dire se ci siano restati. Non tarderò a saperlo, perchè il nostro battaglione darà fra poco il cambio al 39°. Anche il pomeriggio è calmo. Sono chiamato alla tenda del tenente Giuseppe Pianu, comandante interinale della 82ª compagnia alpini che sta per ritirarsi a quota 1270.

Il Pianu è un sardo e non gli mancano le qualità fisiche e morali dei sardi. Nella tenda ci sono altri ufficiali. Fra gli altri il sottotenente medico Scalpelli. Chiacchiere. Posiamo tutti insieme per un gruppo fotografico. Io tengo, nella destra, una