Pagina:Neera - Addio, Firenze, Paggi, 1897.djvu/110

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96 addio!


gere la mano e dirgli con desiderio sincero:

— Andiamo a Posilipo!


Non era felicità la mia — la felicità l’avevo spenta nel primo bacio colpevole — non era nemmeno gioia — era una dolce malinconia che mi creava un bisogno di penitenza, una voluttà novissima di redenzione.

Ho tradito l’uomo che in me ripose tutto il suo amore, ma il castigo sarà uguale alla colpa — un avvenire d’abnegazione e di sacrificio non basterà per assolvermi? Sì, lo spero — ho bisogno di questa consolante fiducia, di questa meta serena per ritemprare le mie forze e continuare animosa nella via appena tracciata.

Così pensavo lasciando il paterno castello — e, agguerrita dalla onesta risoluzione, trovai un sorriso per salutare il cielo di Napoli e l’incantevole golfo che gli si apre a’ piedi.

Attilio aveva appigionato una graziosa casetta, tutta bianca in mezzo al verde de-