Pagina:Neera - Addio, Firenze, Paggi, 1897.djvu/58

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44 addio!


paratemi una colazione fra le rose e un letto sul muschio; — voglio vivere dodici ore di idillio. Non vi dispiacerà, spero, che mi prenda per cavaliere il marchese Lit***. Egli è abbastanza gentile da assumere questa parte con una povera vecchia. Vedete che ho ragione di volergli bene.»

Questo annuncio fu veramente un colpo di fulmine; la metafora non sembrerà esagerata.

Nel primo momento pensai fuggire, — ma come? dove? Pensai di svelare tutto al colonnello: — ma tutto?... che cosa?

Un turbine di idee, di paure, di pazzi disegni, di risoluzioni stravaganti m’investivano il cervello. E poi una gioia sfrenata, una febbre di voluttà, un delirio di desiderii, più pazzi, più stravaganti ancora.

Le ore mi scorrevano lente, eterne; — non potevo impiegarle in nessun modo, — evitavo di trovarmi con mio marito, con mio padre, con tutti.

La notte fu tremenda, piena di sogni e di visioni.