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lei, la culla di Guido biancheggiava nello sfondo latteo delle trine, sospese e drappeggiate intorno.

Maria pose una mano davanti alla fiamma e guardò al di sopra della luce smorzata, trattenendo il fiato. La faccia del piccino, tutta rosea nella cornice ricamata della cuffietta, riposava in attitudine di una pace profonda, colle palpebre serrate che gettavano un’ombra sulle guancie; in fondo al piumino di seta celeste usciva uno de’ suoi pieducci, nudo, e fra questi due estremi il piccolo corpo ravvolto nelle coperte si alzava e si abbassava con un movimento regolare, di una placidezza beata e sana.

Dall’altra parte, l’uscio spalancato scopriva l’incerto nereggiamento di un corritojo, attraversato da una striscia sottilissima di luce che sfuggiva da una fessura dell’uscio di Emanuele.

Maria era come impietrita, con un senso di soffocazione penoso e opprimente che le serrava la gola. Volse gli sguardi, lenti, dalla culla al-