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Pagina:Neera - Il romanzo della fortuna.djvu/237

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della adolescenza erano lontani, lontani i giorni della povertà. Chiarina ringraziò il Signore per la sua casa che rifioriva sulle rovine della casa antica, per il suo buon fratello Giovanni, per sè stessa, e raccogliendo in uno slancio ardente tutti coloro che essa amava li presentò all’Altissimo con un fervido atto di umiltà.

Un pensiero improvviso venne tuttavia a turbarla. Dove era Giuseppe in quel giorno consacrato alla più intima, alla più cara di tutte le feste? Non tornerebbe dunque mai il figliuol prodigo al perdono de’ suoi fratelli? Perchè egli solo, dei tre, aveva rotto il dolce incanto che li univa a un medesimo destino? Signore, Signore — diceva Chiarina giungendo le mani in una muta supplicazione — l’avrò dunque perduto per sempre?

Verso le ore cinque del pomeriggio fratello e sorella si avviarono lentamente alla casa dei signori Firmiani. Già era per le vie quel silenzio specialissimo del giorno di Natale che va crescendo sempre più verso il tramonto, all’ora cara delle riunioni di famiglia, quando solo i peggiori disgraziati si vedono errare quali cani randagi lungo i muri, privi di letto e di mensa. Il pensiero di Giuseppe lontano