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Pagina:Neera - Iride, Milano, Baldini, 1905.djvu/189

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Per lei temeva la miseria, temeva sopratutto di doverla un giorno lasciare sola sulla terra.

La sventura riunì maggiormente i due fratelli.

Clelia che si era votata a un amore infelice non era meno agguerrita di Daniele contro i colpi del destino. Ella lo assicurava di continuo che non rimpiangeva l’agiatezza e pur di avere un posto vicino al fratello di null’altro ormai le importava nella vita.

Disponeva tranquillamente il loro avvenire tutto dedito al lavoro; faceva piani, combinava progetti; si sentiva forte e attiva. Ella sapeva che in qualunque posto, in qualunque condizione l’avrebbe seguita il suo dolce sogno; che valore aveva tutto il resto?

Provava anche una specie di voluttà nel sapersi povera, quasi proscritta come Lui; le pareva di essergli più vicina.

Così confortandosi a vicenda, coraggiosi, rassegnati, i due fratelli aspettavano la loro sorte.

Clelia aveva salutate le pareti della sua cameretta, la memore finestra, la torre dell’Abbazia, la cui vista le ricordava tanti pensieri soavi! Sul punto di staccarsi per sempre dal suo passato, l’assaliva una leggera tristezza che essa cercava di soffocare sotto un raddoppiamento d’energia e di forza.