Pagina:Neera - Iride, Milano, Baldini, 1905.djvu/190

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Entrò una mattina nello studio di suo fratello, accesa in volto, tenendo fra le braccia un fascio di vecchie carte e appena entrata indietreggiò facendosi più bianca della neve. Il Disertore le stava davanti

— Ma se vi ringrazio! — diceva Daniele con voce agitata e commosso in volto come se due sentimenti contrari si facessero guerra dentro di lui. Mettete che abbia accettato.

— Però non accettate.

Queste parole le pronunciò il Disertore colle labbra strette, con accento amaro.

— Non abbiatevene a male giovinotto; via, datemi la mano. La mia intenzione non è di offendervi.

I due uomini erano così assorti nel loro dialogo che non si accorsero della presenza di Clelia. La povera giovane non osava fare un passo nè avanti nè indietro.

Vi fu un momento di silenzio. Il Disertore si asciugava il sudore sulla fronte; era pallidissimo.

Daniele picchiava con una penna sullo scrittoio e teneva gli occhi bassi. In mezzo a loro c’era un piccolo sacco che si capiva contenere del denaro.

Finalmente il Disertore con una calma disperata sotto la quale si travedeva lo sforzo, domandò a voce bassa: