Pagina:Neera - Iride, Milano, Baldini, 1905.djvu/211

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Romeo s’inchinò.

— Dunque che cosa facciamo — interruppe il barcaiolo. Pur troppo questo legno non regge dopo le scosse ricevute al peso di tre persone.

A un tiro di schioppo si vedeva il tetto di una casa rimasto fuori dell’acqua che aveva coperto il resto del meschino edificio. Gli abitatori di quel tugurio erano fuggiti abbandonandolo e la piccola isola formata dal tetto parve a Romeo un punto da potervi far sosta.

— Propongo — diss’egli — che uno di noi due approdi colla signora a quel tetto e l’altro se ne vada il più prontamente possibile a Parma per prendere una barca in migliore stato. Non vi è altro a fare; che ne pensa la signora?

Il progetto parve a Urania un tantino ipotetico e non del tutto rassicurante; molto più quando Romeo soggiunse col suo più bel sangue freddo:

— Quest’uomo io lo conosco e mi rendo garante che saprà proteggerla contro ogni eventuale pericolo.

Dunque era lui che voleva andarsene?

— Ma — chiese Urania turbata — non sarebbe più naturale che il barcaiolo conducesse la sua barca?

(Restava sottinteso: e che lei mi tenesse compagnia?)