Pagina:Neera - Iride, Milano, Baldini, 1905.djvu/218

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Quante persone prive di pane! Intere vite di abnegazione e di lavoro giacciono sepolte sotto queste acque immobili; tante speranze deluse, tanti inutili sacrifici. Essi dormivano sereni tra le loro messi raccolte, nella pace delle loro semplici esistenze e il terribile flagello li colpì disarmati. Che scena! Gli urli della disperazione destarono echi non mai tentati prima; fiaccole accese erravano come anime in pena sui ponti crollanti, sulle barche sfracellate. Donne discinte, fanciulli nudi, uomini pazzi di dolore e di paura. Ad ogni oggetto che scompariva si alzava un grido, ad ogni sfasciarsi di dighe rispondeva un gemito. Anche in quella notte tremenda non c’erano stelle, non c’era luna — il pianto dei disgraziati saliva dalle acque al cielo invisibile, forse inascoltato. Grandiosa e commovente poesia, non è vero, signora?

Era ironica la domanda? Quale profonda amarezza gli velava il timbro della voce?

Urania sentiva quella mano forte e fredda stringere la sua; il giovane effeminato spariva; in quella persona elegante si nascondeva un cuore virile, un nobile e buon cuore.

— Lei parla — disse la signora — come se avesse assistito alla scena dell’inondazione.

— Vi ero.