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Pagina:Neera - Iride, Milano, Baldini, 1905.djvu/334

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mi avvertì che la signora non si trovava in salotto.

E dov’era dunque?

In giardino — proprio con quel fresco e quella nebbia — che calori!

Sorrisi e dissi alla cameriera che andavo a raggiungerla.

Eterni dei!

Li trovai tutti e due seduti sotto un’acacia caven e quel ch’è peggio, abbracciati... modestamente, si intende, e inondati di lagrime.

— Che cosa fate qui?

Davvero, io dissi queste precise parole piantandomi davanti a loro coll’intenzione di sbigottirli; ma non ne feci nulla.

Sofia fu la prima a rispondere, e mi dichiarò in mezzo alle lagrime che adorava Emanuele, il suo primo, il suo unico amore.

Fortuna che si trattava di un morto, se poi fosse stato vivo!

La mia curiosità era di sapere come mai dalla freddezza dei giorni prima erano giunti a trovarsi di notte, colla nebbia, in fondo al giardino.

Non c’è che amore capace di simili farse.

Si erano incontrati al cader del sole, in quell’ora «che volge il desio.» Emanuele aveva fatto