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Pagina:Neera - La Regaldina, Madella, 1914.djvu/152

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ne ebbe compassione e passando dall’ira alla improvvisa tenerezza, strinse la faccia sulle mani di lui in un atto d’amore insieme e di immensa desolazione:

— O Ippolito, amico mio, mio unico amico, perdono. Il dolore mi accieca. Ma perchè siamo noi condannati a tante miserie?

Il pianto le troncò le parole in gola.

— Matilde....

Egli osò pronunciare il nome di sua sorella, quel nome gli apriva una eterna ferita; ma non potè proseguire. Incapace di abbandonarsi a uno sfogo di dolore si sentiva paralizzato dalla gravità stessa della situazione; le lagrime, che non uscivano da’ suoi occhi, gli ricadevano ad una ad una sul cuore. Finalmente con uno sforzo disperato su sè stesso, disse:

— So che ha fatto dei debiti...

— Non è tutto.

Ad onta della sua freddezza, Ippolito diede un balzo.

— Che c’è ancora?

Daria si era calmata. Seriamente, con accento sicuro, rispose:

— C’è di mezzo l’onore di Rodolfo.

— È impossibile! scattò Ippolito, quasi, in-