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era così doloroso che nessuno, oramai, glie lo invidiava più.
La burbera Tatta non diceva nulla a Daria su questo soggetto; la sua attenzione era tutta concentrata in Matilde con una rabbia sorda, con un violento impeto d’odio verso quella donna che aveva portata la sventura sotto il tetto dei Regaldi.
La zitellona austera e forte, che non aveva mai saputo che cosa fosse debolezza, piangeva come un bambino. Mai il salotto bigio era stato così triste, così muto e deserto, colle sue tende di percallo bianco, che il tempo aveva ingiallite, colle sue specchiere scrostate nelle cornici smunte. Presso al cucù il posto della signora Luigina restava vuoto; Ippolito sedeva qualche volta a quel posto prendendosi sui ginocchi la Lena per mostrarle il pendolo, che faceva tic tac; e se la bambina rideva nella sua inconscia gaiezza infantile, nessuno faceva eco — la vocina si perdeva in un silenzio sepolcrale.
Da molto tempo Pierino non si lasciava vedere. Egli si era lanciato in ispeculazioni grandiose, faceva carriera, rapidamente, appoggiato alla sua audacia e alle sue fortune di giovinotto alla moda.
Era vero che Matilde andava a trovarlo a Mi-