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rò non si aspettava una fine così improvvisa. Bisogna proprio dire, che fosse il suo momento.
— E questa povera ragazza?
— La vede? — non fa altro che piangere. Si calmi, via signorina, sua madre è in paradiso, alla fine.
— Sì, è in paradiso — confermò la Tatta, con un accento dove trapelava a sua insaputa la poca fede che aveva in questa consolazione.
— Oh! sono orfana.
Queste parole uscirono finalmente dalle labbra della fanciulla che portò agli occhi una pezzuola di fina batista ornata di trine e tornò a singhiozzare lasciandosi cadere sopra una sedia.
La Tatta era veramente sulle spine; occorreva lì per lì una parola dolce, un atto soave, ma nemmeno a rovesciarsi il cuore sulla mano ella non l’avrebbe trovata. Strinse allora i pugni e se li appoggiò sul fianco. Fu ancora la domestica che parlò:
— Quale notte ci aspetta!
— Appunto. Io sono venuta per prendere questa ragazza...
— Oh! fa un’opera buona; qui non la può reggere. Il signor Ippolito non vuol muoversi dalla camera — si sa, gli uomini sono meno sensibili.
Le parole: il signor Ippolito: erano state ac-