Pagina:Neera - Novelle gaje, Milano, Brigola, 1879.djvu/221

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Beniamino. 211

di Robertino; non dimenticò la cuffietta celeste e introdusse abilmente una parentesi relativa alle castagne.

Il salumaio ascoltava di malumore, ma in silenzio.

Beniamino non sapeva spiegarsi quel contegno, senonchè la dignitosa signora in bandò si coperse gli occhi con una mano e tendendo l’altra verso suo marito, col gesto tragico di una seconda donna quando canta «Mira o Norma» esclamò:

— Allontanalo, Giovanni, allontanalo! La sua vista riapre tutte le mie ferite.

Beniamino volle protestare, ma il salumaio trinciando in fretta uno spicchio di cacio avariato e rivolgendolo in un pezzo di carta glielo pose fra le mani, con questo accompagnamento di stretta finale:

— Vattene con Dio, Robertino non è più in casa nostra, lo abbiamo scacciato, è un discolo.

— Ah! la sfortuna di non aver succhiato il latte materno!... interruppe la degna signora slacciando i nastri verdi della sua cuffia.

Il salumaio vide questo sintomo allarmante che precorreva i vapori di sua moglie — prese senz’altro Beniamino per le spalle e lo pose fuori ripetendo:

— Vattene! Possa tu fare miglior fortuna di quello scapestrato.

— Ah il latte... il cattivo latte! — udì Beniamino mormorare dietro di lui, mentre il gradino fuggendogli sotto i piedi lo distese quant’era lungo sulla piazza.