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220 | Novelle gaje. |
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Durante questa perorazione che Beniamino faceva nel più schietto accento bergamasco, accompagnato da esclamazioni analoghe, un passeggero si era fermato a poca distanza prestando viva attenzione.
— Hai le tue carte in regola?
— Ecco, in fatto di carte non ho che la carta del cacio regalatomi stamane dal pizzicagnolo; l’ho conservata appunto perchè pensavo che mi sarebbe tornata utile.
— Andiamo, andiamo, esclamarono le due guardie d’accordo obbligandolo ad alzarsi.
Beniamino invece alzò la voce protestando che non voleva muoversi e la sarebbe finita male per lui se lo sconosciuto che stava in ascolto, non si fosse intromesso con queste parole:
— Lasciate libero questo ragazzo, rispondo io; lo conosco.
E tratto di tasca un biglietto, lo mostrò alle guardie.
— Va bene, ma non possiamo permettere che egli dorma qui.
— Lo conduco a casa mia, replicò lo sconosciuto — sono appunto la persona che egli cerca.
— Robertino! gridò il nostro eroe.
— Sì, Robertino!
E al raggio della luna egli vide sfavillare sorridenti e giulivi gli occhi neri di colui che aveva parlato.
Le due guardie si allontanarono.