Pagina:Neera - Novelle gaje, Milano, Brigola, 1879.djvu/46

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36 Novelle gaje.


Giannina respirò liberamente quando lo vide ruzzolare nella sabbia sotto a’ miei piedi; ma io non potevo più respirare affatto; peggio, non potevo più togliere gli sguardi dal suo collo, dal suo volto, da’ suoi folti capelli, e non è tutto. Ella aveva due occhi nerissimi, profondi, luminosi come il raggio d’una stella, due occhi che mi guardavano, che mi guardavano, che mi attraversavano il cuore.

— Oh Dio!

— Cugino, perchè dite: Oh Dio? Forse che il bruco vi ha morso?

Ah sì! trattavasi di ben altra morsicatura, se io restavo un minuto ancora sotto il fuoco di quegli occhi neri...; fuggii.

Ma giunto all’ultimo platano del viale caddi per terra svenuto.

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— È una meningite bella e buona — diceva il giorno dopo il dottore toccandomi il polso.

Restai a letto un mese, durante la prima metà del quale un continuo delirio m’impedì di riconoscere le persone che circondavano il mio capezzale; lentamente e con fatica ricuperai l'uso intero della ragione e allora distinsi mia zia da un lato e Giannina dall’altro. Giannina!

In quei giorni pioveva, faceva freddo, e il bianco collo di Giannina stava sepolto sotto una sciarpa, ma i suoi occhi neri dardeggiavano; e la mia mano era ancora troppo debole per poter alzarsi e farmi riparo.

La vidi così venti giorni consecutivi. Mia zia, impegnata nella divozione, ci lasciava molte volte soli;