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Un idealista 11


Allora non trovando più argomenti lo supplicai con gli occhi. Ci guardammo così per alcuni istanti in un modo incredibilmente angoscioso. Nel suo volto pallidissimo l’occhiaia larga e profonda sembrava accogliere un fuoco spento. Tutto’ doveva accadere come accadde, con uno schianto interno e muto del quale nessuno di noi due sapeva darsi ragione. Ci salutammo colle solite parole: la stretta delle nostre inani non fu nè più intensa, nè più prolungata, ed Egli partii.

Udii sbattere la porta, giù abbasso, udii il suo,passò nella via deserta. Mi affacciai alla finestra e quando Egli, alzò il capo gli replicai la buona sera.

— Buona sera — rispose, e la sua voce — la voce che non dovevo udire mai più — salì, si disperse nella notte quieta.

Di nuovo la tristezza mi prese con singolare violenza, con un affanno, una inquietudine, una specie di rimorso, e con un terrore ignoto che mi fa domandare anche adesso sé realmente i presentimenti esistono, se un filo misterioso tante volte spezzato e sempre rinascente non ci comunica qualche volta i segreti del mondo ultrasensibile.

Sono passati quasi cinque anni ed ho ancora davanti l’angoscia inesplicabile di quella sera. Inesplicabile? Non so. Chi oserebbe affermarlo poiché due settimane dopo Egli era morto?

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