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Un idealista


nando a casa dalla biblioteca per scrivere, facevo fatica a trattenere le lagrime. Quel lavoro fatto affrettatamente mi portò un grande sfogo e dopo mi parve quasi d’aver resa viva la mia povera sorella, di averla vicina quando voglio. La nostalgia appassionata si è mutata in un senso sempre più vago di malinconia dolce e di confidenza amica.»

E in un’altra lettera «Amo quelle mie pagine, perchè c’è dentro qualche cosa dell’anima mia. Ma tuttavia, come Speranza è inferiore a ciò che posso fare, che farò certamente, che sto già facendo! Io vorrei dall’arte qualche cosa di delicatamente bello, delle pagine luminose e profonde, tenebrose e celesti nello stesso tempo.»

Maturata nel pensiero a Pomelasca, la dolce casa de’ suoi avi, nell’età fervida dei vent’anni, quando il sogno femminile domina la mente dei giovani, quasi prodromo ai più forti sogni di gloria, Egli amava questa’ novella con singolare predilezione.

Speranza, come si vede, era per Lui una persona viva; diceva che avrebbe voluto essere un gran pittore per farne il ritratto, così chiara ne aveva dinanzi la fisionomia e lo sguardo. Creata da lui, inaccessibile e invisibile agli altri, era la sua donna, la sua Musa, il rifugio d’ogni suo desiderio, d’ogni sua fervida immagine. E gli sembrava, nella novella, imperfetta. Voleva am-